Giovanni Duca

Medaglia d’Oro al Valor Militare

Nato a Torino nel 1896, ucciso a Verona il 28 agosto 1944, colonnello di Stato maggiore, Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.

Ferito nella prima guerra mondiale, dopo il conflitto il giovane ufficiale in s.p.e. aveva prestato servizio in Comandi divisionali a Roma. Negli anni dal 1934 al 1940 era stato addetto militare presso le ambasciate italiane in Belgio, in Olanda e in Portogallo. Nel 1941 aveva guidato, sul fronte greco-albanese, il 7° Reggimento di fanteria “Cuneo”.

All’annuncio dell’armistizio, il colonnello Duca – che si trovava a Modena, comandante di quell’Accademia militare – s’impegnò subito contro i tedeschi, organizzando le prime resistenze nella zona Pavullo-Lama Mocogno. Aveva con sé due battaglioni e uno squadrone di allievi ufficiali e la bandiera dell’Accademia e attorno alle sue forze cominciarono a raggrupparsi i primi nuclei partigiani della provincia. Lasciato il Modenese e portatosi al Nord per ordine del Comando supremo, vi organizzò formazioni della Resistenza sino a che, durante una missione, fu catturato col figlio dalle SS.

I tedeschi non riuscirono ad ottenere dal colonnello nessun’informazione utile, nonostante – come è scritto nella motivazione della ricompensa al valore – “il bruciante dolore per le torture inflittegli e la disperata angoscia per l’avvenuto arresto della moglie e della figlia”.

Giovanni Duca fu costretto per cinque mesi in una cella stretta e buia e fu ucciso dai fascisti nella stanza delle torture, quasi negli stessi giorni in cui moriva a Mauthausen il figlio Vittorio, che vi era stato deportato.

Colonnello in s.p.e. della Fanteria Stato Maggiore, Partigiano combattente

Alla memoria, motivazione

Comandante dell’Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria organizzava con due battaglioni ed uno squadrone allievi le prime resistenze contro l’invasione tedesca nella zona Pavullo – Lama Mocogno e raggruppava intorno alle sue forze i primi partigiani iniziando con essi l’accanita lotta tra le giogaie dell’Appennino Emiliano. Dopo avere messo in salvo la gloriosa bandiera dell’Accademia, si portava, per ordine ricevuto dal Comando Supremo, nell’Italia settentrionale assolvendo con grande capacità e sprezzo del pericolo compiti organizzativi. Catturato dalle SS. unitamente al giovane figlio che gli era compagno in una pericolosa missione, manteneva il più fiero silenzio nonostante il bruciante dolore per le torture inflittegli e la disperata angoscia per l’avvenuto arresto della moglie e della figlia. Con il corpo fiaccato per il martirio, ma con l’animo sorretto dal senso dell’onore che fu luce della sua vita, dopo cinque mesi di agonia in una buia e stretta cella, che era tomba dei vivi, veniva barbaramente soppresso nella stanza delle torture riunendosi, nel cielo degli Eroi, all’amato figlio, contemporaneamente deceduto al campo di Mathausen ove era stato deportato. Fulgida figura di soldato tutta dedicata al dovere e alla Patria e che ha preferito la morte al disonore. Verona, 28 agosto 1944.