25 aprile, Antifascismo, Democrazia, Evento ANPI

Discorso di Beppe Muraro, Comitato Provinciale ANPI Verona, oratore ufficiale alla celebrazione alle Officine Manutenzione Locomotive di Verona per la Festa della Liberazione 2019.

OFFICINE FERROVIARIE PORTA VESCOVO
24.4.2019

Ricordare è dovere.
La memoria va difesa e diffusa.
Queste parole scritte ieri da Liliana Segre, senatrice a vita e sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, ci devono guidare in queste celebrazioni per il 25 aprile, soprattutto di fronte alle cronache di questi giorni: l’ignobile raduno nazirock di sabato scorso a Cerea e ai
tentativi di chi vuole banalizzare i valori della Resistenza e del 25 aprile (che non è un derby come qualcuno dice, ma è una festa nazionale, la Festa della Liberazione dal nazifascismo) e di chi cerca di delegittimare la storia e le gesta di quanti, tra il 1943 e il 1945, si opposero in vari modi a fascisti e nazisti per ridare all’Italia i suoi beni più preziosi: la libertà e la democrazia.
Per questo oggi ci troviamo qui, per ricordare e ringraziare chi, più di settant’anni fa, ebbe il coraggio di lottare per dare al nostro paese un futuro diverso da quello che gli sembrava assegnato.
Giovani e anziani, uomini e donne che ebbero la forza e il coraggio non tanto – e non solo – di prendere le armi per combattere il nemico, ma soprattutto di ribellarsi nel nome di ideali che andavano oltre i loro stessi interessi contingenti.
Una scelta etica prima ancora che politica, fatta perché credevano in un’idea generale di democrazia, di giustizia, di libertà e solidarietà.
E lo fecero nel momento in cui uno Stato crollava. E proprio in questo momento di paura più fosco, molti trovarono la forza di reagire e di resistere, trovarono quel “muto bisogno di decenza” che è stato uno dei valori caratterizzanti la Resistenza al nazifascismo.
Quando si pensa alla medaglia d’oro al valor militare data alla città di Verona, generalmente si fa riferimento a quello che è passato alla storia come “L’audace assalto al carcere degli Scalzi”, e all’estremo sacrificio di Lorenzo Fava e Danilo Preto uccisi durante l’assalto per liberare il
sindacalista Giovanni Roveda.
Invece, come altri, credo che quella medaglia sia stata data a Verona anche per riconoscere il merito di quelle centinaia di donne e uomini che in città, sulle montagne, nelle nostre pianure, hanno operato – con e senza armi – giorno dopo giorno per arrivare alla Liberazione, per
arrivare al 25 aprile.
Tra questi – come sappiamo – c’erano molti ferrovieri.
Alcuni passarono nelle file della Resistenza armata, partecipando attivamente alla Guerra di Liberazione, altri invece si impegnarono nelle operazioni di boicottaggio, di certo non meno pericolose.
Molti di loro, seppur non scoperti direttamente, furono rastrellati e fatti prigionieri nel giugno del 1944 (fra poco saranno 75 anni) e poi radunati in piazza Cittadella, per essere caricati sui treni diretti ai campi di prigionia e di lavoro in Germania.
Uno di loro, il diciannovenne Nereo Toffaletti, staccatosi dalla colonna dei suoi compagni per abbracciare un’ultima volta i suoi genitori, venne abbattuto da un milite fascista con un colpo di moschetto e finito a colpi di pistola da un soldato tedesco.
Oggi all’angolo con via Montanari c’è una targa che lo ricorda.
Per altri, invece, il loro nome non è finito sulle targhe o sui libri di scuola, ma non per questo deve venire meno il nostro dovere alla memoria e nostra la gratitudine per il loro sacrificio.
Sono convinto che parlare di Resistenza, oggi, sia parlare proprio di questo, di qualcosa che è vivo e che è ancora vicino a noi, perché, appunto, ci sono tanti nomi che ce lo chiedono, sconosciuti e conosciuti, come quelli di Lorenzo Fava, Danilo Preto, Nereo Toffoletti.
Oggi allora non ci ritroviamo per una celebrazione, ma per ricordare, o se preferite per non dimenticare, parlando di storia o più semplicemente per ricordare ciò che è stato. Perché – come dicevo all’inizio – ricordare è un dovere e la memoria va difesa e diffusa, ma non dobbiamo farlo solo un giorno all’anno durante una cerimonia, ma dobbiamo coltivare la memoria tutti i giorni, non tanto per onorare un debito storico, ma soprattutto per aiutarci a respingere la teorizzazione dell’indifferenza verso quei valori di giustizia, libertà e solidarietà che furono poi declinati in quello che è ancora il patto fondativo del nostro Paese, ovvero la Costituzione della Repubblica Italiana, e per essere più vigili verso quanto accade attorno a noi.
Per questo vorrei terminare con le parole di uno dei padri della Costituzione Italiana, Pietro Calamandrei, parole scritte anche sul monumento che abbiamo alle spalle:

Ora e sempre Resistenza!

Beppe Muraro, Comitato Provinciale ANPI Verona